Sembrano parole
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L’anguria è molto donna.

                      E’ gustosa dal centro !

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Rileggendo le pagine che seguono mi sono reso conto che non rendono merito alla bellezza di un rapporto fatto di mille diversi angoli.
Sono il momento di sconforto e soltanto convertendole si riesce ad immaginare cosa nascondono.
Dalla prima volta che abbiamo fatto l’ AMORE, quella data e tante altre sono state scritte, proprio da quella volta è stato un continuo coinvolgimento totale.
I films visti insieme, i viaggi, i pranzi e le cene, le notti insieme, le “Albe” a Segesta.
Emozioni sicuramente ripetibili !
“Non cambiare mai, sei meraviglioso” non si può dire, e una persona che pesa tutto come fai tu, non può dirlo, se non lo sente fin dentro le ossa.
Sicuramente c’è tanto altro da dire ma rischierei di invadere quelle emozioni, forse irraccontabili, forse personalissime, che soltanto chi ha raggiunto sensibilità e affinità simili può immaginare.
Odori, sapori, colori, carezze solo nostre e condivise tutte.
Giocare sotto la doccia, giocare….. col piacere di farlo senza neanche un canovaccio.
Le attese, le nostre intriganti architetture che semplicemente hanno contribuito a piacerci.
A mare, mentre l’acqua ci accarezzava, ci siamo accarezzati profondamente.
Non abbiamo mai giocato con ciò che gioco non è.

 

 


                ______******______

Un giorno qualunque nacque NINO e un altro giorno qualunque nacque Mara.
Ognuno visse e fece continuamente i conti con ciò che voleva e con ciò che non voleva.
Tutti e due fecero la prima comunione.
Crebbero. Si fecero femmina e maschio … si fecero donna e uomo.
Quando, ad un certo punto ebbero la possibilità di incontrare e incrociare prima i loro sguardi, dopo i loro corpi e via via loro stessi…..
Iniziò un grande e sempre più intenso “gioco” … e giorno dopo giorno Mara e Nino vissero giorni, ognuno a proprio modo, importanti.
Ad un certo punto Occhioni Belli e Nino smisero di credere che tutto fosse bello e da quel momento in poi Mara decise di fare i conti con la realtà che rende gli istanti di una vita brevissima, ancora più brevi.
Quegli occhioni belli guardarono in basso; quella voglia irrefrenabile di vivere bene senza “perdere tempo” divenne un’attesa spasmodica; quella gioia di darsi divenne voglia di aspettare che il mondo, girando, cambiasse le cose.
Sembra una “fantasticata” invece è tutto vero!


Si dice che ognuno è del luogo in cui riposano le ossa dei suoi avi.
Ma io non ho storia.
I miei avi chi sono, chi sono stati ? Non li ho mai conosciuto.
Con me non hanno mai parlato, non hanno mai giocato.
Io non ricordo.
Forse in un paesino dove tutti parlano e sparlano di tutti, i miei avi mi parlerebbero per bocca degli altri.
La mia storia comincia con la mia memoria. E la mia memoria ricorda poco.
Ricordo quei paesini lontani, uno al mare ed uno al monte.
Ricordo una giornata di neve. Ricordo gli uffici, le gattabuie, le biciclette nere, i moschetti che riposavano al muro, le divise con cui giocavo, mia madre e mio padre.


Guardandomi attorno vedo luci, stelle e sento rumori.
Quelle necessita' che sembrano non dare tregua, danno la possibilita' di percepire cosa rimane di se' stesso.
Questo caldo e queste nostre cicale, mi riportano anche a qualche tempo fa. Se questi rumori, queste melodie terrene, queste luci lontane potessero far sentire vicine le loro essenze, allora sarebbe preferibile non pensare e gioire del nuovo.
La', sulla montagna vedo una luce che gioca a nascondersi, come se volesse dirmi che tutto c'e' e non c'e', che ogni luce, ogni possibilita' del vivere e' ricerca di una luce che a volte si vede.
Quelle altre luci immobili, muti testimoni di un mondo di guerre, di droga, di morte, di vita e di amore, sono loro stesse e le loro possibilita' di vita.
Quel cane che abbaia, quel bimbo che piange, quella luce rossa laggiu' sono come mattoni che non hanno ne' chiarezze ne' ombre ben definite.
Quando quella sera di qualche estate fa, nel sogno, apparve l'esistenza dell'essere umano, soltanto io riuscii a sfiorare la realta' che giorno dopo giorno sarebbe passata davanti a me, anche uccidendomi col macete.
Quando quella sera di qualche estate fa, in quel piccolo borgo di periferia, sotto un presepe vivente, vivo di emozioni e di ebrezze, qualcuno mi concesse la possibilita' di percepire, in un silenzio fatto di aliti, di poesia, allora ebbi la capacita' di comprendere il mio quotidiano vivere attorno alla volonta' di interrompere una esistenza fatta di stupide azioni, di lunghe strade in cui cercare due occhi grandi.
Strade assolate, affollate, stupide, sempre le stesse e, solo per qualche istante, amiche.

Quando lo scirocco sembra togliere la voglia di muoversi rimane la voglia di pensare, e in quei momenti sembra che tutto scorra diversamente da come dovrebbe.
Avendo spesso la voglia di guardarmi avanti sono certissimo che qualcosa accadra', perche' se la storia non e' piena di menzogne, sicuramente qualcosa accadra'.


In queste poche ore ho cercato di guardare me uscendone fuori.
Se quanto accade mi accade perché non ho saputo avere le carte che ci sarebbero volute, e allora...
Se ciò dipende dai tuoi capricci, dalla tua decisione di non potere/volere attendere che si possa decidere insieme senza che tu ti arroghi il diritto di decidere anche per me, allora io non posso fare altro che guardarmi indietro e non comprendere quanto accade proprio perché non posso neanche decidere per me.

Se si potesse guardare quelle foglie lontane ondeggianti e insieme si potesse parlare anche di loro, sarebbe come guardare il sole e farlo rimanere lì al tramonto, fermo, grande, caldo.

Questa notte ho sognato.
Ho sognato di avere una bimba down.
Ricordo che tenevo il suo tenero visino tra le mie mani.
I suoi grandi occhi, molto simili a quelli di Manfredi, mi guardavano e mi dicevano ti voglio bene.
Quel sogno è durato poco.
Quel poco io ricordo.
Continuo ad avere davanti agli occhi quegli occhi; il calore del suo visino tra le mie mani.
La sensazione che ricordo è di serenità ad affetto.
Quando svegliandomi ho ripensato al sogno, mi sono dato delle risposte.
Un sogno che mi racconta, nel suo silenzio, tantissimo.
Ancora in questo momento vedo quei grandi occhi che mi dicono : “Ti voglio bene, io sono qui”
Pensando a me è forse il mio volto che vorrebbe essere tra le tue mani.


Serenità che mi consente di guardarmi dietro, riesce a farmi comprendere quanto sia voler bene.
Serenità che si raggiunge quando il tempo, la possibilità di dare, di avere superano la stupidaggine quotidiana mi dice che è possibile voler bene senza sentirsi in colpa, senza sentire di rinnegare ciò che si è vissuto.
Serenità che fa desiderare il buono, il bello, il grande, il quotidiano vissuto, non fa altro che far sentire la volontà dell’essere, fino che esso finisca.


Tra questi alberi col sole che ora passa ora no, voglio tutti i momenti di insonnia, di ansie, le mezze notti passate a parlarmi, ad accarezzarmi, a cercare di capire.
Tra le foglie secche di cui tutto intorno è ricoperto, cerco di raccogliere i pezzi rimasti dopo il diluvio.
Ne trovo uno qua ed uno là, e cercando di rimetterli insieme mi accorgo che non combaciano più.


Ancora un anno
Tastarsi attorno quasi non vedente.
I polpastrelli distinguono, scartano e accarezzano.
Foglie verdi e foglie secche si muovono pigre seguendo un alito che le contrasta.
Una chiglia distesa sulla spiaggia quasi addormentata o arresa. Pronta a rivoltarsi e a prendere il largo.
Laggiù una parete alta assolata e addormentata ascolta il rombo di aerei che solcano i cieli portando via intenzioni di vita.
E ancora piccoli fiori color cielo che ondeggiano stanchi aspettando un’ape che interrompa la quotidiana monotonia.


Se un giorno avrò la possibilità di incontrarmi e mi vorrò raccontare questi ultimi anni potrò mai dirmi tutto così come adesso penso sia andata ?
Quelle montagne me le racconterò come adesso ?
Ed io sono un numero che tenta di essere almeno un numero a due cifre.
La mia volontà di fare, di volere che ognuno abbia quanto gli spetta, non mi fa accorgere di strafare. Me ne accorgo dopo.
Sicuramente nel momento storico-politico in cui viviamo, anche certa “giustizia” è un po’ contabile. Questo momento in cui sembra che tutti stiano pagando finirà.
Cosa resterà ? La legalità o, secondo il percorso di una spirale, si ripercorreranno, con vestiti più lindi, i percorsi antichi quanto il mondo ? Ho paura che accadrà ciò.


Vorrei tutto quanto è possibile avere, e andando a ruota libera.......
Carezze, baci, averti in braccio, guardarti negli occhi, pensare insieme, ascoltarti, farmi ascoltare ....... vivere una persona incontrata per caso, ma che per caso non è.


Quell’isola lontana e il mare che infrange minaccioso ma distante.
Il cielo nuvoloso, la strada, lo sguardo al di là delle stelle.
Quel dolce profumo riesce a riportare la forza di momenti dolci e irresistibili.
Sentirselo dentro, tra le mani, nel profondo dell’anima.
Riprovare e riprovare la dolcezza di una donna tra le braccia.


Il mio attendere qualcuno che mi prendesse, mi facesse rimettere dentro uno spazio, che ho per troppo tempo dedicato alle cose, una persona vera.
Quello spazio non sara' mai piu' per le cose.
In quello spazio non posso metterci me stesso.
Quello e' lo spazio per l'altro che si ama, che si stima, che non si vuole perdere.
Su questo mio sentire ho da subito puntato, forse tutto quanto potevo o ritenevo.


Voler bene ed essere voluto bene sono due punti fondamentali della mia esistenza.
Tu sei una forza scatenante capitata nel momento in cui si è risvegliata la voglia di volere qualcuno non per quello che appare ma per quello che è.
Di danzatrici del ventre, basta !


Il grigiore del cielo e voglie represse che spingono la mente verso sogni che sfuggono dalle mani non mi danno più il senso dei limiti del voler bene. Tutto questo che senso ha se non quello di conservare gelosamente, tra le mani, un mucchio di sensazioni dure, presenti, che non si mescolano con le paure, le gelosie, le altre confusioni che nascono spontanee nei momenti in cui ho certezza che le stesse mani possano dolcemente accarezzare altro ? Quelle stesse mani, propagini di un sogno, di due occhi.


In questo momento sentendomi particolarmente logoro e malandato rileggere i tuoi scritti densi di te senza che da essi riesca a trasparire rabbia, odio, fastidio per il mio esserci, per il mio volere esserci e nella consapevolezza assoluta che fino ad oggi per il tuo tutto sono un punto importante, è ciò che mi tiene ancora unito. E’ ciò che mi fa sentire pensato, come io voglio e desidero esserlo. E’ ciò che non mi fa sporcare assolutamente la voglia di accarezzarti e di essere accarezzato fino al raggiungimento del massimo coinvolgimento che rende le anime pacifiche e piene di vita.
I brandelli di me che fino a questo momento riesco a tenere uniti grazia alla grande voglia che ho di non perderti per ciò che riusciamo a sublimare e non certo per degli atti vuoti e senza significato, proprio quei brandelli sono quelli con i quali sto facendo i conti.
Uno di essi mi dice che andarsene a vivere da solo. E’ forse la punizione e la sfida più grande da pensare e proprio per ciò la più immediata. Un altro mi porta direttamente a te, quando non scappi.
Un altro brandello mi fa chiudere gli occhi e mi fa pensare alla possibilità di chiuderli definitivamente.
Un altro brandello cerca di tenere viva la vita che è in me anche quando ad occhi spalancati nella penombra cerco di riaddormentarmi sapendo che ciò non accadrà e sapendo che scorrerò un fila di pensieri che mi portano al momento di mettermi ipocritamente in moto non volendo proprio farlo.
Ancora voglio tentare di bere di te sapendo che nel bicchiere metterai poche gocce nella vana speranza che ciò mi possa fare abituare a non bere. Voglio bere anche poche gocce per volta.
E quando smetterò di bere mi lascerò disidratare.


Mentre scorrono scene da “Ultimo tango”, scorre in me il sangue della seduzione, della voglia di abbracciarti profondamente sentendo col corpo e con l’anima un’anima immensa.
Spogliarsi e guardarsi e non vergognarsi è musica. Quella musica che scende e si annida nel profondo riergendo quando la contentezza vince.
Quel collo, quei seni, quelle labbra, quel ventre, quel calore, quel godere .... un’insieme di donna, Una donna che io amo. E noi sappiamo cos’è.


Ancora col tuo odore tra le mani mentre ripercorro attimi lucidi e confusi. Vorrei non consumare freneticamente la vita che vive dentro di noi.
Mi hai detto che ti eccito, mi senti ....... E detto da te che copri pure gli occhi, cosa è ?
Che tu riesca e voglia dire questo a me facendomi inorgoglire fino all’orgasmo, cosa è ?
E’ la prima volta che ti scrivo mentre tranquillamente penso.


Davanti a me, a noi, una giornata.
In me voglia, speranze, paure. Paura di rovinarla, di non riuscire a gestire. Quando ti dicevo che guardandomi allo specchio ho visto la differenza, le tue paure, le tue barricate, volevo dire anche tutto quanto sarà di me dopo.
Le mie voglie sono enormi e ciò che vorrei accedesse è, forse per te, troppo. Ma non credo.
Vorrei finalmente potere ritornare a stringerti interamente. Vorrei veramente poterti accarezzare come sai, so fare.
Questi giorni in cui tu sarai via per me saranno un momento importante di riflessione, di pensamenti, di lavorio e logorio.
Sicuramente attenderò il tuo ritorno con la mia “solita” voglia.
Guardandomi avanti non so più guardare molto oltre.
Chiudendo gli occhi vedo una valle con una capanna e una fontana e un cavallo che nitrisce al passare di un’aquila che beatamente si prende gioco di lui che non può volare.
Sull’aereo del ritorno guarda al di fuori e vedrai, forse, una nuvola che a bassa voce, quasi rispettosa del rombo dei motori, ti riporterà qui da noi. A bassa voce dirà parole dolci e voglie dolci e carezze dolci.
Il mio esistere, sicuramente e abbondantemente pieno di te, è dolce quando il finire del bello è possibile.



Ripercorrendo, una dopo l’altra, le immagini scattate martedì, ripercorre una giornata che possibilmente in una vita è una goccia ma che in un deserto è un mare.
Quelle barche, quelle onde, quei promontori e il verde e le strade strette da morire e una donna baciata e bagnata tra le braccia sono violenti sensazioni che ricordano il primo vagito.
Ripeterlo, ripeterselo, è glorificarlo, è sublimarlo nella consapevolezza che ci sono momenti che vanno glorificati e che accadono.
Scorrere le immagini di luoghi muti osservatori di momenti che non si possono e non si devono dimenticare sembra che pacatamente li abbiamo dentro.


Per un attimo ossessivo di tenerezza che mi prende, guardo lontano
e vedo nuvole rosse e piene di incensi colorati e profumati quasi a volere un sangue rosso e mortale.


Un pensiero per te che esistendo fai vivere ciò che mi rimane.
Andrò a vivere altrove e forse tranquillamente potrò guardare avanti senza perdere l’equilibrio delle persone.


Su quell’ aereo ci sarò anch’io
ad occhi chiusi suonerò e ascolterò le note di una canzone mai ascoltata
e sempre saputa.


Fogli, fogli a quadri, a righe, bianchi ma soltanto fogli.
Qualora fosse possibile perché preoccuparsi di apparire senza quel senso di spazio che mi fa essere.
“Mi hai sconvolto l’esistenza” .... A che serve una esistenza “tranquilla” . Perché non sconvolgersela insieme bevendo nello stesso calice ?
Volersi bene fin nel profondo è sconvolgente ?
Sicuramente si, e allora ? Tu non mi hai sconvolto l’esistenza, me l’hai data. Quella esistenza che quotidianamente si quantifica in gesti, sguardi, carezze e pensieri.


Vorrei potere chiudere gli occhi, la bocca e tutto.
Vorrei potere volare in alto e guardare giù per capire cosa accade.
Tra la rabbia, la rassegnazione, la voglia di aspettare, la voglia di gridare, la voglia di soffocarmi e la non voglia ci sei tu.
Quasi assopito, con un ronzio cupo e assordante che mi frastuona c’è una gran quantità di emozioni, sensazioni e piatti momenti di noia che non voglio più gestire.
Non ho più nulla da rivalutare se non il senso del lasciarsi vivere; del lasciarsi campare. Ma come ? Perché ?
Il nostro fantasma non è lì ? Le nostre dolcezze sono lì.
Il tuo collo, i tuoi seni, la morbidezza.
Sono molto stanco. Stanco di chiedere. Stanco forse anche di vivere, di svegliarmi, di dormire, di accarezzare quando io non voglio.
Non voglio più emozionarmi, non voglio più avere brividi.
Vorrei non più volere.
Girando attorno, guardando e cercando disperatamente di gioire della vitalità di Manfredi, mi sono accorto che era come prendermi in giro.
Con quello che di me rimane tra le mie mani, ripensando a quanto abbia vibrato tra le tue mani, abbia sofferto sapendo che soffri.
Non comprendo perché una persona che ama debba avere paura e debba riparasi nel nulla.
Qui nel silenzio della notte, con il ticchettio dell’orologio e il lontano rombo dei motori , ci sono io indolenzito nell’animo.


Mi sta passando la voglia di vivere senza che mi venga quella di morire
Non ho paura del buio; ho paura di me al buio, soprattutto dopo essere stato al sole. Ma questo è nulla se penso che ci vogliamo veramente bene.
Vorrei addormentarmi per tanto tanto tanto tempo.


Mi sono svegliato accorgendomi di sognare, di godere.
Con rabbia mi sono accorto che ciò stava succedendo.
Ti voglio tra le mie braccia.
Stanotte mi sono visto, non sognavo, su una altissima scarpata con la voglia di andare giù ad abbracciare il mare e raccontargli di te. Ma, poi, dalle fessure della serranda sono apparse le prime luci e quel maledetto orologio poco per volta si è avvicinato alle 7.30 e tu sei andata lo stesso.
Mi rivengono tutti i tuoi “NO” , che diventano “SI” soltando quando il senso del piacere prevale dolcemente sul senso del dovere. Prevale e lo comprende.

Tra le note di una musica e un raggio di sole tra le nuvole che lo costringono ci sono due occhi grandi e che dicono.
La tua forza, la mia forza muoiono quando la nostra umanità si denuda e si fa accarezzare dolcemente.


Tra noi due tutto finirà perché io non sarò più in grado di essere.
Quando nell’impossibilità, che in questo momento sento, dal peso delle mie gambe, dalla strana sensazione di percepire il mio sangue scorrere, saranno costanti e persistenti la noia e l’apatia, allora sarà il momento di chiudere, di chiudere definitivamente.
Che nulla sia stato provato quando la grandezza di ciò che c’è è evidente.
L’afona e asfissiante sensazione di annientare l’anima mi riporta davanti Marina, Marcello, Marina e Giangranco. Persone, anime, vite vissute e sicuramente sofferte. Parchè proprio loro ? Perché sono loro che non possono più soffrire, ma forse neanche gioire.
E gioire è ?
Lontani rumori, luci intense, foschie indecise e nel frattempo trascino la voglia di essere così o di non essere.


Guardando queste pagine scorrono tristi e mesti i ricordi di un vissuto che in silenzio vorrebbe essere condiviso.


Illudersi che un disegno distruttivo, figlio di paure, di consapevoli ciuccetti strappati, di amori non visti, potesse strappare le pagine di un libro non scritto col sangue è, probabilmente, la negazione del sé che si ama di più e del quale si ha e si vuole avere immensa paura.


Quando le gocce bianche della vita e il sapore e l’odore della profonda gioia sentita nelle mani umide, unte e bagnate dalla voglia di avere e danno vita e segnano le frenesia, l’emozione e la possibilità si accarezzarsi, profonda e mai provata, allora si vive.


Se la paura della consapevolezza cerca di prevalere cosa impedisce di riprendere quelle sensazioni che fanno sentire donna e uomo e avvolgerla ?


Nel silenzio di questo momento che gli uccellini, il rumore del computer e qualche motoretta interrompono, forse anche facendo compagnia, c’è il pensare.
Loro mi fanno sentire che tutti quelli che girano attorno possono dare pugni o possono tifare per chi dà pugni, possiamo tifare per noi continuando ad avere la libertà di accarezzare e di fare l’amore.


Alla presenza di Milly, ho preso pugni e ho visto il mio sangue.
Ho le immagini del mio volto, mi fa male il torace tanto da non potere agevolmente abbracciarla senza sentire dolore.
Dopo quel brutto giorno abbiamo continuato a fare l’amore !

                §§§§§§§§§§§§§§§

(1 -2 -3 sono state scritte da Mara)

                                 1
“ Una data scritta vicino alla grattugia. Un pomeriggio stupendo. Tre giorni dopo le aberrazioni più impensabili: questa sono io. Non buttarmi via TI amo”

                                  2
“Al collega Prof. Caracausi SPM
Perché non mi toccano assolutamente gli apprezzamenti, sulle maniche di pizzo del body, fatti dai miei colleghi ?
Perché mentre li fanno penso che stamattina l’avevo indossato, pensando a te ?
Perché non riesco a renderti l’idea che, di te e del nostro rapporto, sto costruendo, giorno dopo giorno ?
Perché mi manchi ogni giorno di più ? Ti voglio bene.
Ps Consigli dalla “mamma”:
1) sii prudente nella guida
2) telefonami non appena a casa
3) non guardare le colleghe

Ps de PS: TI AMO”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                   3
Palermo 9-1-2000
Ho appena chiuso e non mi è piaciuto come. Ho deciso di scriverti e raccontarti una storia:


“Poco più di trentasei anni fa nacque una bimba da una giovane coppia che la coccolò e la ricolmò d’affetto. La vita decise che lei doveva crescere in fretta.
Ben presto dovette imparare a rifarsi il letto, a pulire la casa e le cose, a farsi domande a cui dava, da sola, le risposte; insomma, da sola svolgeva le sua vita. I suoi genitori erano sempre presenti, ma presi dalle preoccupazioni e dai problemi dipendenti dal doversi moltiplicare per quattro, potevano osservarla e guidarla “da lontano”.
Tutti le dicevano che era una ragazzina forte e intelligente, con una buona educazione ed inserita in un contesto sociale rassicurante. Così andò avanti negli anni della adolescenza imparando a tacere e a non esprimere totalmente la sua voglia di vivere in modo diverso. Perché I dictat del padre non dovevano essere discussi e la famiglia tutta (nonna compresa) le inculcò nella mente (e di ciò risentirà fino all’età adulta) un ordine, un rigore, una mortificazione degli slanci che sicuramente contrastavano con la sua voglia, ma che doveva accattare in modo che la sua famiglia potesse essere tranquilla. In quegli anni cominciò ad accorgersi del mondo dei “maschi”: maschi che non si accorgevano di lei. Era giusto così ? Non lo sapeva, ma lo accettò e si rimboccò le maniche. Riuscì ad entrare nel cosidetto “mondo del lavoro”, il mondo degli adulti (ma non ne faceva già parte?, dimostrando ancora una volta le sue doti ormai assunte da tutti e già scontate.
Lei si è sempre sentita, sin da bambina, troppo alta prima (crescita in altezza che avvenne velocemente e che, altrettanto velocemente si arrestò), con un seno troppo piccolo dopo, bruttina, goffa ed impacciata sempre. Mascherava bene le sue insicurezze con la dedizione allo studio, cercando sempre di farsi amare da tutti, donandosi il più possibile. Infatti l’amore . Voleva amare, ma soprattutto essere amata, nonostante quella montagna enorme di difetti. E di nuovo e ancora cercò un compagno e pian piano cedette all’amore di quel ragazzo tanto buono, tenero e simpatico a tutti, ma non funzionò. Ora quella ragazza pur non sentendosi confermata, era diventata una donna. Certo la vita non le risparmiò forti dolori, grandi delusioni, ma le mise davanti una realtà per lei inizialmente impossibile da credere, facendone crollare quello che in realtà era il suo castello di carta.
Per sopportare il dolore, la frustrazione cercò aiuto in letture e in persone che la guidassero, che potessero rispondere ai suoi tanti perché. Così cominciò, no! continuò a salire per quella china che, dicono porti all’evoluzione di una persona. E lei salì con la forza accumulata negli anni, con una determinazione per lei nuova, ma non sconosciuta, ma sempre con quel senso di dovere ereditato dal padre. Per quanto tentasse, non riusciva a trascinarsi: non poteva, non doveva. Allora la vita intervenne, stavolta positivamente (anche se lei non lo capì subito), allontanandola bruscamente dal fu promesso sposo. Quale angoscia provò nel ritrovarsi sola, in bilico su quella salita così faticosa. E in quel breve slancio di generosità, la vita le prese le mani di un uomo, di una figura maschile( del resto lei questo chiedeva) che potesse aiutarla a continuare il suo cammino. Lei lo guardò con occhi dapprima stupiti, timorosi, e sospettosi. Poi lo sguardo diventò più curioso e, quasi con spavalderia, afferrò la mano di quello sconosciuto. Man mano che proseguiva il suo cammino cercò di sollevarsi, di ergersi e si sforzò di curarsi le ferite, accettando con simpatia e con gratitudine (sempre gratitudine?!) le bende che quell’uomo le porgeva. Guardò, comunque, e per lungo tempo, con sospetto quell’uomo e , a lungo, prese i suoi slanci affettuosi, le sue parole, i suoi abbracci. E così, insieme a lui cominciò a guardare il mondo e soprattutto, a guardare se stessa. Ma dopo poche settimane di cammino si accorse che lui spesso perdeva il sorriso, si incupiva. La salita continuò. A volte, nelle radure, in pianura erano insieme, si confidava. Ah! In quei momenti come era felice di parlare con un uomo e soprattutto di ascoltare un uomo. Perché ora non sorride ? E di nuovo arrivava la radura che cancellava i suoi timori e lei era felice nel ridere con lui, nel fare l’amore con lui, nel guardare il mare con lui. Anche questa volta lei, piano piano si abbandonò, crogiolandosi nelle sue parole, nei suoi entusiasmi, rattristandosi quando lui non sorrideva più. E le radure di piacere diventarono sempre più frequenti e così le risate, le confidenze, le cenette, il fare l’amore, stando seduti sul divano, l’una in braccio all’altro, davanti ad un film: finalmente ! Lei aveva sempre saputo di sapere amare così ! Cominciò a credere di non meritarlo, di stare accontentando se stessa, prendendo tutto ciò che le serviva: carezze, tenerezze, complimenti, attenzioni, affetto. Cominciò a guardarsi allo specchio. Non vedeva più nitidamente la figura di una ragazzina grassa ed insicura: c’era la donna che non voleva più reprimere se stessa, non voleva più mortificare i suoi aspetti più belli ( e ne scoprì tanti!), non voleva più nascondere i suoi difetti; si sentiva sempre grassa, goffa, insicura è vero, però decisa a continuare a chiedergli attenzione e amore. Allora alzò, con forza e determinazione, lo sguardo, verso quell’uomo e cominciò ad osservarlo. Vide (con stupore!) che continuava a dirle “Ti amo”, vide il suo sorriso accogliente, sentì il suo raccontarsi, apprezzò i suoi slanci….. e la salita ricominciò” A te

Caro nino
probabilmente ti sarai annoiato, ma so che non hai mai pensato “Si sta piangendo addosso”. Ho provato il desiderio di scriverti, mentre sperimentavo il piacere di dedicarti questa storia: dedicata a te che sei il più vicino testimone della mia crescita. Forse, però te la dedico perché sei con me nella radura dove, spero di trovarti ancora per molto e di trovare il tuo viso veramente e perennemente sorridente. Con affetto Mara


                     *************

Questo stanco procedere verso un futuro senza senso, anche adesso mi porta a guardarmi miseramente attorno e a non capire più quale senso dare alla quotidianità fatta di inutili speranze.
La voglia di pensare che nel momento più importante, in cui la vita cessa di essere, si possa essere accarezzati da chi ha condiviso momenti importanti, poco per volta, sta diventando un baratro, a quel punto è preferibile spegnersi.

Riguardo le foto del “nostro” viaggio e un velo di malinconia mi percorre. Alcune mi sembrano soltanto cartoline, altre luoghi vissuti, altre emozioni vissute con te.
La mia paura in aereo !
Rivedo la stanchezza del giro di Padova, la dolcezza di Venezia: lì eri tranquilla, dolce e curiosa. Quella fabbrica di cristalli.
Il cavallino. Murano : un luogo da sempre vissuto nei miei sogni come un luogo mitico. Ma c’era caldo ed eri un po’ per conto tuo.
Venezia sicuramente indimenticabile.
Forse è la prima volta che guardo le foto con tranquillità.
Piazza S. Marco e tu, dolcissima a cavallo del leone. Il ponte di Rialto e i vicoli, quelli veri e quelli finti. Le vetrine, i dolci, i gondolieri.
Ti voglio un gran bene !
Di nuovo Padova e la cassa di S. Luca.
Ferrara e la castellana, quella castellana che in quel momento potevo accarezzare e con cui potevo, anche se non potevo, fare l’amore.
Le foto che era vietato fare; ma a me piace fotografare !
Il cucco: abbiamo mangiato bene e stavamo bene insieme. Il giro per trovarlo e, dopo, la sinagoga.
Bella Ferrara. Cominciavi a mancare tra le braccia !
La casa di Ariosto e …. villa Contarini.
Pingu ! Già, di Pingu mi stavo dimenticando.
La sala con la conchiglia. Il cigno…..la dolcezza delle tue carezze.
Sei bella e dolce.
La poltrona della trasgressione e le tue belle gambe !
Adesso il viaggio.
Praga, lo scippo, il Gesù bambino, il ponte che si percorre mano nella mano. Il fiume. Il 3 agosto. La mia grande tristezza e solitudine per la “vergogna” che hai provato di me. Bella chiesa! E dopo ci siamo persi.
La Moldava, la pioggia.
Luoghi diversi da quelli che ho dentro e che non mi comunicano nessuna emozione. Ricordo le mie smanie e la voglia di non riuscire ad amarti come avrei voluto.
La moschea con il muro con i nomi e le lapidi. Tutto molto cupo e triste per me.
La pioggia, la defenestrazione e il giro col battello. Lo scoiattolo e la mia meraviglia –Mi meravigli moltissimo ancora – Le vetrate della cattedrale. Tutto molto distante da me. Il vicolo d’oro e lo strudel e il “furto”del bicchiere!
La fredda e triste via S. Venceslao. Due occhioni … e via verso Budapest. La frontiera luogo stupido e freddo.
I ponti, il sole, il Danubio, la serata passata sul pullman e la Fortezza, il concerto dentro la chiesa di Mattia.
Il Danubio, là distante e freddo. La cena zigana, il frastuono e la differenza mi hanno preso sotto braccio e sono andato un po’ via amandoti e cercando di prenderti in braccio.
Il cappello della zia: una scusa per cercare di sorridere.
Le tartarughe e le ninfee, la visita al palazzo del Parlamento. Il lago e Quasimodo.
L’ultima cena e...finalmente … PINGU !.
Queste foto non sono tutte….. sono un falso ideologico. Hai paura ed hai voluto così.
 


La grotta regina

Le emozioni di questa mattina mi hanno riportato alle forti emozioni che noi siamo capaci di provare. Quei colori, tu ed io tra le nostre braccia, quell’attimo rubato alle tue paure.
L’arroganza di qualche minuto prima si è dissolta in sguardi e voglie di cui abbiamo paura: io di perderle, tu di ascoltarle.
Vorrei continuare a sognare assieme a te.


Sento voci lontane e indistinte e nel silenzio mio cerco di ascoltare la mia voce che da dentro parla alle mie orecchia.

Ho parlato anche col mare e mi ha detto tante cose. Era calmo, sereno e buono.
Mentre gli parlavo avrei voluto averti in braccio.
Il mare mi ha detto quello che gli uomini non dicono.
Il mare mi ha detto che ti amo.
Il mare mi ha detto che sei dolce ma impaurita.
Il mare mi ha detto che vivere è importante.
Il mare mi ha detto che ti amo.
Il mare mi ha detto che non posso perderti.
Ho continuato a parlare col mare e mentre lui faceva dondolare la sua nave ascoltava il mio lamento triste.
Queste onde, quelle onde andavano e venivano tranquillamente dal fondo e al fondo tornavano.
Ho parlato col mare, questa sera silente e carezzevole, ma lui se ne è stato lì.

Quel maledetto martedì 25 luglio
Perché quel maledetto giorno, in me, è rimasto lì sotto.
Ho paura di guardarlo in faccia.
Cosa ho fatto e cosa non ho fatto ?
Sono andato lì e pensando fossI in buone mani. Sono andato via.
Mentre ero via avevo paura che potessi morire, ma questo non te l’ho mai detto. Non sapevo come comunicare. Mi vergognavo di farmi vedere dal medico tua “amica”
Non ricordo più dove fossi nel frattempo.
Sono tornato lì e ho atteso che scendesse. Mi sono trovato davanti all’improvviso. te sbianca e sofferente e io non ho saputo trattenere il mio imbarazzo.
Siamo tornati a casa insieme e il mio grande imbarazzo e la tua grande rabbia non hanno consentito di “accarezzarci” teneramente. Avevo paura di accarezzarti, quasi ti potessi rompere.
A poco a poco sembrava che si riuscisse a chiudere in uno scrigno prezioso quanto era accaduto. Ma non è così. Ogni riporto, ogni sofferenza, ogni possibile situazione fanno riemergere l’importanza e la gravità di momenti vissuti male perché non compresi.
Sicuramente io ho vissuto l’attesa del 25 come di un giorno in cui ci si sottopone ad un importante intervento chirurgico e non a qualcosa che avesse implicazioni morali perché ho sempre vissuto il tutto come ineluttabile. Non avrebbe mai potuto, purtroppo, finir bene !
Tu lo hai vissuto e lo vivi diversamente.
Perché per un momento importante ho fatto di tutto per esserci e lì non c’ero? Perché lì c’erano persona a te molto vicine
A te vorrei donare la mia vita e me stesso con tutti i miei limiti.
Vorrei che non ce l’avessi con me, perché sono io che ce l’ho con me non soltanto per quanto sopra detto ma soprattutto perché non riesco a comunicarti la possibilità di pensare e di farti vivere che noi due siamo fatti l’uno per l’altro.


Guardo dentro un pozzo nero e lì nel fondo ragni tessono una tela nera che cattura pensieri e li stravolge.
Da quando sono sveglio guardo l’orologio aspettando di avere la forza fisica di alzarmi per, chino e mesto, combattere con un altro giorno grigio e disonesto.
Credo proprio che non reggerò serenamente e gridando in silenzio vorrei potere uscire di scena.
Una buona boccata di ossido di carbonio e il mondo rimane alle spalle.

Continuate voi, voi siete potenti. Lasciate agli impotenti la possibilità di uscire in punta di piedi.

Non posso non pensare a Te a Manfredi e a Davide.
Il tremore delle mie mani, vomitare davanti al cibo, spazientirmi per poco, non riuscire più a dormire, avere paura, avere perso il gusto del bello, del mangiare, di sorridere, di fare l’amore, di amare il mio corpo martoriandolo miseramente, sono tutti segni di non vita
Il 15 agosto !
Quel lontano 15 agosto ultimo giorno di felicità ! Che vita è senza l’amore.

Ho una strana sensazione!
C’è freddo, nuvole alte, il cielo è azzurro in alcuni sprazzi. I cartelloni pubblicitari. Loro mi guardano ed io non so se posso parlare soltanto con loro, ormai.
Un Natale sicuramente diverso da quello degli ultimi due anni in cui ho sognato, grazie a te, la felicità.
Rimarrai sicuramente dentro di me !
Mi mancano le tue moine, quelle che tu riesci a fare a modo tuo.
Mi manca quanto riuscivamo a darci chiudendoci al ristorante, a casa, quando riusciamo a guardarci negli occhi.
Oggi guardandomi allo specchio mi sento molto invecchiato.
Rivedendo in questi giorni le nostre foto, tutte, anche quelle che non ti piacciono, mi sembra che se non ci fossero loro potrei dire di star sognando, di aver barato, invece no. In quelle immagini ci siamo NOI. Ci siamo noi . . . ovunque . . . foto eccezionali, indimenticabili.
 


Sento freddo. Il freddo che dentro scorre e che non ho mai provato.
Ma anche l’anno scorso ero qui ! C’era freddo, fuori !
Il mare è increspato, il cielo è grigio.
Ho in mano il sillabario di prime letture “Anni d’oro”: prima elementare
Era ottobre 1956. Lire 800. Anno triste, non d’oro.
Un libro letto e vissuto, ”ridotto” come il tuo Pinocchio.
Disegni, disegni a colori. Grafia a mano e stampatello. Fogli ormai vecchi e tristi che vorrei potessero essere visti da te.
Buon anno a te che puoi ancora sperare !

Io e te : unici.
Lo hanno detto anche gli altri quando ci hanno visto insieme.
Figurarsi cosa potremmo dire noi di ciò che gli altri non hanno visto !
Come si può baciare dopo avere “baciato” con l’anima e col corpo.
Non ti ho mai “toccato” ma ci siamo sempre accarezzati.
Non ci siamo mai “leccati” ma sempre gustati.
Purtroppo, a me non basta sapere che non ci scorderemo mai. Scordarsi di che ?
In due anni abbiamo fatto il concentrato di due vite, sicuramente diverse, ma sicuramente, per certi aspetti, insoddisfatte.
Come potremo baciare altri senza sentire la “differenza” che due corpi in perfetta sintonia, anche ormonale, sprigionano.


Firenze
Quando, nella penombra di quella stanza
guardo
i tuoi occhi chiusi
i tuoi seni dolci e leggeri
il tuo risveglio dolcemente
Quando posso farlo
mi sento vivo
In quel momento
il mio sangue
gioca
con le mie voglie
e
mi addormenta dolce
facendo sentire
te
dentro di me

Ieri sera sono stato sul ponte del fiume Oreto. Guardare giù è stato pesante. Ho pensato e ripensato: a te, a me, a noi, a quei ragazzi, uno dei quali non c’è più.
Ho guardato in alto e in basso e nel buio della sera, la distanza tra me e il mondo mi sembrava interminabile.
Da quel punto in poi – adesso stanno suonando le campane della chiesa – una vita non c’era più.
Quanto è difficile arrendersi e quanto è facile abbandonarsi quando l’impotenza prende il sopravvento !
Ricordo il vento che lievemente mi ha riportato alla dura realtà.
Poi sono venuto e passando sotto la tua porta per un attimo mi è venuta la voglia di tornare su quel punte per potere, da lì, dirti -“ti amo veramente”

Tra il sonno e la veglia, le campane della vicina chiesetta mi riportano alla luce.
Il desiderio che qualcuno suonasse alla porta per portarmi la lieta notizia della tua morte.
Rincorrersi, cercarsi, volerti amare.
Durante la notte, anche qui tra sonno e veglia, il desiderio di vendetta.
La ricerca affannosa del modo per far sapere che partiremo insieme.
In alcuni momenti ricompari e poi nuovamente lì. Poi un bacio, poi al teatro insieme.
Alzandomi ho trovato, ancora illuminata, la candela accesa ieri sera.
Ancora un risveglio tutto tremante e cresce sempre più il desiderio di potere sorridere sapendo e credendo che lassù una stella possa brillare anche per me e per te e avere paura che si possa trasformare in una stella cadente.
Ho sognato un incidente stradale.
All’alba ho sentito gli uccelli cantare.
Loro e queste campane benedette e maledette mi annunciano, come ogni mattina, l’inizio di un giorno che diventa sempre più un incubo e una sfida da perdere.


Sono a mare con Manfredi. Ad un certo punto giungono tre persone dalla pelle olivastra: un uomo e due donne. Egli abbastanza giovane, le ragazze molto.
Egli si toglie la maglietta ed entra in acqua con i pantaloni a bermuda.
Le ragazze iniziano ad accarezzare le onde, ma rimangono vestiti. Entra a poco a poco in acqua, vestiti.
Chiamo Manfredi e, rimarcando che ho richiamato la sua attenzione per fargli notare le differenze – né meglio né peggio – culturali lo invito ad osservare quanto accade.
I tre si mantengono a molta distanza; lui qui vicino loro a più di 10 metri.
Il bagno per lui è anche pulirsi, forse purificarsi. Si strofina, si massaggia e si rilassa. Le due ragazze giocano e sono sorridenti. Nuotano senza difficoltà anche se totalmente vestite.
La curiosità che mi pervade sempre prende il sopravvento.
-“Venite dall’India ?”
-“ Si dal Bangladesh”
Da questo momento . . . uno scambio culturale.
Lui è qui da 7 anni, le ragazze da 1 anno e sono sue figlie. Altri due figli sono a casa. Il piccolo ha due mesi.
-“Questo è Manfredi e poi c’è Davide”
-“Perché non mettono il costume da bagno “?”
-“ E’ un fatto di religione”
Noto, e ne parlo con Manfredi, che non sono disponibili ad adeguarsi ai “costumi” del nuovo paese.
E’ religione, è ritrosia, è volere non dimenticare le origini ? Forse è tutto questo messo insieme.
Perché tanta meraviglia quando il palermitano medio continua a non accorgersi che in Italia molto gira diversamente ?
Chiedo i loro nomi e il loro significato. Quello di una delle ragazze vuol dire “acqua”.
Lui mi fa capire che vuol provare la maschera. Alle prime prove si confonde perché l’acqua gli è andata negli occhi. Regolo i tiranti e . . . vai ! Felicità mista a voglia di scoprire.
-“Te la regalo”
La provano le ragazze e . . . sono contento nel vedere contento, molto più di me, qualcuno.
Escono dal mare e attendono, dopo essersi strizzati, di asciugarsi un po’. Una delle ragazze indossa una gonna lunga e sfila, da sotto, i pantaloni bagnati .
Andiamo tutti via conservando, sicuramente, la diversità di cultura da osservare e rispettare.
Ne parlo con Manfredi che ha compreso ciò che avevamo vissuto


3-8-1998
Tastarsi attorno quasi non vedente.
I polpastrelli distinguono, scartano e accarezzano.
Foglie verdi e foglie secche si muovono pigre seguendo un alito che le contrasta.
Una chiglia distesa sulla spiaggia quasi addormentata o arresa. Pronta a rivoltarsi e a prendere il largo.
Laggiù una parete alta assolata e addormentata ascolta il rombo di aerei che solcano i cieli portando via intenzioni di vita.
E ancora piccoli fiori color cielo che ondeggiano stanchi aspettando un’ape che interrompa la quotidiana monotonia.


Quell’isola lontana e il mare che infrange minaccioso ma distante.
Il cielo nuvoloso, la strada, lo sguardo perso al di là delle stelle.
Il dolce profumo riesce a riportare la forza di momenti dolci e irresistibili.
Sentirselo dentro, tra le mani, nel profondo dell’anima.
Riprovare e riprovare la dolcezza di una donna tra le braccia.


Fogli, fogli a quadri, a righe, bianchi ma soltanto fogli.


Sono le 6, 50 del 5 - domenica - di luglio.
Il cielo è plumbeo, il mare è sereno. Il silenzio è disturbato dalla ventola del computer.
Qualche automobile passa e va, lasciando una scia.
Vorrei poterti parlare, anziché scrivere. Sento lontano il tubare dei colombi, che non sempre gradisco.
Vorrei partire con te. Vorrei proprio riprovarci.
Spero tu abbia la voglia di leggere queste mie righe e di rispondermi.
Vedo il tremore delle mie mani che a stento gestiscono la tastiera ed ho paura.
Ho veramente voglia di staccare con una esistenza inutile e vissuta gestendo, forse, la quotidianità più stupida; senza più gran voglia di fare cose importanti. Ho difficoltà a pensarmi “domani”. Vorrei tornare a sorridere, a sperare, a quella speranza che ti sei portata via. Ti voglio un gran bene.
Un aereo sta sorvolando il cielo, un rumore cupo di un bimotore porta con sé speranze e voglie ormai da troppo tempo represse. Ti amo veramente
Ripenso alla password cambiata e continuo a non capire, mi sembra una bambinata, fatta al compagnetto di banco. Ci ho sofferto tanto. Non ho mai avuto segreti per te, qualche ripicca è possibile, ma comunque continuo a volerti bene

I viaggi:
Il giro di Sicilia, passando per Sperlinga;
Siculiana marina
Le spiagge bianche
Siracusa e le rappresentazioni classiche
Le “Albe” a Segesta
In aereo a Bologna
Firenze
Padova
L’Est !
Le passeggiate
A mare a giocare in acqua
Le lunghe ore . . . ad attorcigliarci e poi slegarci e le docce e . . . vai !
Gli acquisti insieme, le cene, il confronto anche dialettico
Due anni . . . luce !
Non sono soltanto ricordi, sono un tempo importantissimo della “nostra” vita che a nessuno permetterò di sporcare. Ti amo


Capodanno

A chi è dato di vivere due capodanno come è stato dato a noi ?
Il primo più importante ed emozionate del secondo.
Tu ed io nella “nostra” casa. Sorridenti e Felici.
Fuori i botti, il mondo di cui ancora non avevamo sperimentato lo schifo.
Il concerto di Capodanno, le ostriche.
Un miraggio realizzato e vissuto con l’intensità più assoluta. Un miraggio che nella nostra mente poteva diventare tutto e niente. Per me è ancora TUTTO. Ti amo


Dove sono le chiavi di casa ?

 

Il senso della rabbia e della delusione: mariella

Sensazione di disgusto (il gusto passa per la bocca), nausea.

Avere voglia e farlo pregando che cada un aereo

Provo amarezza, tradimento.

Sento il modo infido e melmoso con cui mi hai trattato.

Sono tremante non più per la rabbia ma per l’impotenza di non poterti dire in faccia.

Sei così.

Sei capace di starmi accanto un intero pomeriggio senza dirmi di dopo.

Avrò la forza di guardarti negli occhi ma difficilmente saprò guardarti senza pensare alla tua capacità di tradire.

Sei tornata, forse per un attimo

Hai telefonato il 29 ottobre

Ci siamo visti

Auguri ! : 23/12 e abbiamo donato il sangue

i  . . .  libri

il 28-1 sei venuta a casa.

Il tuo sapore e il tuo odore tra le mie mani

il 3-02  sei tornata e ci siamo messi sul lettone.

La mia vita tra le tue mani umide

il 7-2 abbiamo fatto l’amore

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