Tullio De Mauro in " Annali della Pubblica Istruzione" del 1996 n° 1-2
.... La scuola diventa sempre più "luogo"(1) (nel senso di Marc Augè) per
l'insegnante, e sempre meno "luogo" per i ragazzi.
(1) Si tratta di uno spazio simbolizzato in cui "le identità personali e collettive
prendono forma espletandosi in attività tipiche di una certa cultura". Il luogo non
ha soltanto una dimensione fisica, esso attribuisce ruoli, identità, e senso
storico.
La Scuola che ho visto, subito, vissuto, vedo e mi immagino anche a Palermo è,
ad oggi, come non la vorrei. Penso agli alunni, ai genitori e ai docenti.
La vorrei "luogo" che metta in condizione di far sentire i "clienti" e i
"commessi" nel "luogo" in cui vogliono stare e non dove sono
"costretti" a stare. La vorrei come qualcosa in cui chi ci lavora ci voglia
lavorare serenamente. Quanti alunni e docenti e famiglie se potessero decidere non ci metterebbero piede ?
Chi rifiuterebbe un posto di lavoro, qualunque esso sia, in Ferrari o alla Lego?
“Ogni bambino è ciò che è
stato sognato” Danilo Dolci
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Nel frattempo sono passati anni, sono passate
voglie, sono nate altre voglie. Nel frattempo questa scuola ha subito le
angherie di chi l'ha violentata, pur rendendosi conto che stava salvando
soltanto se stesso.
Ci siamo presi in giro giocando con i numeri,
con le statistiche, con i falsi buonismi; sapendo che stavamo giocando con
l'anima mundi.
Oggi qualcuno vorrebbe far passare l'dea che c'è
una linea di demarcazione tra buoni e cattivi, e la linea di demarcazione è una
gran bella tigre da cavalcare : la " violenza sui minori". E le altre violenze ?
Quali strumenti, quali teorie, quali modalità di
intervento per contrastare la violenza in attesa che si trasformi in pace ?
Vorrei che gli uomini di scuola avessimo
l'onestà intellettuale - con l'intelletto giocano e vivono - di smettere di
giocare e cominciassimo a giocare onestamente con le persone con cui abbiamo
deciso di lavorare.
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Ho vissuto e vivo la scuola come genitore . . .
avrebbe potuto e potrebbe andare meglio. Penso a quei bambini e ragazzi che non
riescono ad avere supporti extrascolastici.
Avrei voluto che a Davide e ai suoi compagni avessero insegnato,
oltre Aristotele e Quasimodo, anche a votare. La scuola altre ad assolvere al proprio compito
istituzionale: insegnare a "leggere" e a "scrivere", cosa DEVE fare ?
Se almeno insegnasse a leggere e a scrivere avrebbe già fatto tanto. Neanche
questo riusciamo a fare per TUTTI i nostri “clienti”, e cercando motivazioni più
o meno psicologiche passiamo il tempo a ricercare senza agire; senza operare
verso il cambiamento.
Dice il proverbio, che traduco per opportunità: “Mentre il medico studia il
malato muore”.
Quanti malati sono morti mentre giocavamo a fare i pensatori ?
Perché se un chirurgo dimentica una garza dentro lo stomaco del paziente viene
processato e finisce in TV e se un ragazzo esce dalla scuola senza correttamente
“saper leggere, scrivere e far di conto”, non accade nulla?
Lode e merito a quelli che nella scuola sanno insegnare e ottengono il plauso
dei loro “clienti” Il "mio" rapporto con gli organi collegiali . . .
La riforma: “Dal ’71 sono 34 i tentativi andati a
vuoto”, soltanto aggiustamenti o sperimentazioni che non hanno reso organico
il tutto.
La riforma Berlinguer che ha innalzato l’obbligo scolastico a 15 anni;
proprio per questo aspetto si è rivelata un fallimento.
Che cosa vuol dire “ fino a 15 anni” ? Vuol dire “costringere” a frequentare, per
un solo anno, chi non avrebbe continuato. Obbligare a spendere centinai di
euro per i testi scolastici.
Alcuni non frequentano; i più furbi lo fanno saltuariamente per non
essere ricercati o denunciati, e tutti insieme creano, in qualche caso,
classi fantasma.
Quale pedagogia, quale messaggio formativo è sotteso ad una politica che
innalza l’obbligo soltanto di un anno? Sicuramente quella del compromesso.
Una socio-pedagogia che consente di dire che ci si sta adeguando agli
standard, ma che concretamente mette in condizione di panico accreditando il
sotterfugio.
Adesso siamo al “diritto formativo” che se da un lato sembra garantire un
diritto, dall’altro lascia “liberi” di avvalersene o meno. E chi non se ne
avvale ? Chi non se ne avvale si penalizza da solo. Si emargina senza che il
garante del progresso/processo faccia nulla perché ciò non accada.
Chi garantisca e come viene garantito l’obbligo formativo, che sulla carta è
di 12 anni ? Lasciando al “libero” arbitrio la possibilità di decidere senza
rendesi conto che chi crede di essere “libero” è proprio schiavo
dell’ignoranza e dell’arretratezza culturale.
Come può essere integrato il ruolo della Scuola con quello, estremamente
variegato, della formazione professionale? Come è realmente realizzabile, e
nel mezzogiorno in particolare, l’alternanza scuola lavoro ? Fino a quando
non verranno fissate e rispettate delle regole precise che facciano passare
– non obblighino – la cultura della formazione, della possibilità di
adeguarsi alle esigenze del mercato e di far mercato, nulla può essere
obbligato, senza aspettarsi che venga disatteso.
Il diritto all’istruzione non può passare attraverso un obbligo, ma soltanto
attraverso una presa di coscienza e la conseguente accettazione di ciò che
un diritto-dovere presuppone.
Il concetto di “obbligo” ha creato fortissime resistenze: il casco, le
cinture di sicurezza . . .
Per far rispettare questi obblighi c’è un “esercito” pronto a multare, anche
se nessuno ad educare.
Per far rispettare l’obbligo scolastico chi c’era, chi c’è ? Sicuramente
locali tentativi encomiabili che comunque non hanno fatto scuola.
I ragazzi che continuano, dopo la Licenza Media, ad andare a scuola non lo
fanno perché si sentono “obbligati” ma perché, loro e/o gli adulti che
gravitano attorno, hanno compreso l’importanza della scelta. A differenza
del nord-est noi non abbiamo neanche l’alibi del lavoro. Abbiamo soltanto
quello nero. A che prezzo?
Il tasso di abbandono precoce si riduce esclusivamente con una sinergica
azione polico-culturale. Quando un governo non coglie l’aspetto
educativo-didattico che la scuola può esercitare con la consapevolezza che
passa anche attraverso la formazione socio-pedagogica dei suoi docenti, il
fallimento è assicurato e la quotidianità prende il sopravvento sulla
professionalità e la progettualità.
Come e chi cura l’educazione prescolare ? Chi si occupa di quel momento
importantissimo della vita in cui cominciano a strutturarsi stereotipi e
convinzioni che influenzeranno le scelte future ? Chi si occupa del mestiere
di genitore? La scuola sicuramente no. La scuola alle 8,30, chiude i
cancelli.
Ma è la Scuola che dovrebbe occuparsene ? Per la parte che la riguarda
sicuramente si.
Idealmente il learning long life è un concetto altissimo, ma rischia di
essere soltanto altisonante. Chi e come potrà realizzare ciò ? Soltanto la
capacità di distinguere tra l’accontentarsi della giornata che comunque
passerà e la cultura della imprenditorialità, dell’ avere delle competenze
comunque e sempre spendibili.
Le esperienze importanti di formazione e-learning, di conselor in presenza
hanno evidenziato quanta necessità di formazione ci sia e come l’offerta che
utilizza metodologie all’avanguardia, non negando la formazione in presenza,
possano essere vincenti .
Da "Scuola e Cultura antimafia" di prossima pubblicazione
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La scuola
è un ospedale che cura i sani e respinge i malati (Don Milani) |
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